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lovedream (cinemio.it)
23.09.2010
Avevo letto il libro qualche tempo fa e per me è stato inevitabile andare a vedere il film. Sto parlando de La solitudine dei numeri primi, il bestseller di Paolo Giordano portato sul grande schermo da Saverio Costanzo. Il film però, come d’altronde il libro, non convince del tutto.

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Francesco Lomuscio (www.everyeye.it)
13.09.2010
Con evidenti influenze dal cinema di Dario Argento, il risultato finale è un testo drammatico affrontato sullo schermo in maniera tutt’altro che distante da quella solitamente sfruttata per confezionare horror. E ciò giova ad un’operazione che si lasciava immaginare soporifera e lacrimevole.

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Giancarlo Zappoli (www.mymovies.it)
13.09.2010
Costanzo adatta il proprio fare cinema alla storia che racconta, destruttura la linearità narrativa del romanzo avvertendoci sin dall'inizio che ci troviamo dinanzi ad un horror. Perché l'orrore della sofferenza attraversa corpi ed anime dei due protagonisti.

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Gianluca Arnone (www.cinematografo.it)
13.09.2010
Il tema vero del film è la traduzione, il lavoro sui codici nel rispetto di un'intenzione originaria, a cui Costanzo restituisce sfumature di senso, colore emotivo e atmosfere, liquide e bluastre.

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Dario Gigante (ondacinema.it)
13.09.2010
Se la grandezza di Giordano è consistita nel ritrarre un uomo e una donna troppo umani nella loro fragilità e solitudine, Costanzo, incapace di dotare i suoi personaggi di un'equivalente profondità psicologica, li trasforma in due biechi congegni meccanici ai quali è impossibile affezzionarsi.

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Alberto Di Felice (cine-zone.com)
13.09.2010
Il regista romano confeziona una pellicola suggestiva ed angosciosa, costruita come uno spaventoso horror esistenziale, ma si rimane col proverbiale pugno di mosche in mano: non si porta a compimento drammatico nulla preferendo far scendere l'intera vicenda nel patetico ostentato.

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Giacomo D'Alelio (zabriskiepoint.net)
10.09.2010
Film fatto per essere visto da chi ha letto e amato il libro, per chi se ne avvicina non sapendone alcunché risulta alieno, nel suo esatto formalismo, sensazione che probabilmente proverà anche chi l'ha letto, se non si attuerà in lui il meccanismo del "riempirlo del proprio senso".

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Marco Spagnoli (www.primissima.it)
10.09.2010
Elegante e freddo, frammentato e giocato sul filo di una simpatetica commozione, mai ostentata o abusata, La Solitudine dei Numeri Primi è il miglior film di Saverio Costanzo, realizzato in un crescendo emotivo dove un composto e meditato silenzio domina la scena.

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Ludovica Sanfelice (film.it)
10.09.2010
Il risultato è indigesto e il lavoro impressionante che gli attori Alba Rohrwacher e Luca Marinelli hanno fatto sui loro corpi svanisce nella sperimentazione presuntuosa o confusa (beneficio del dubbio) che punta all’autorialità sprecando materiale umano e narrativo.

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Gabriele C. (www.cineblog.it)
10.09.2010
Un film fortemente psicologico in cui non dominano i dialoghi, bensì l’aspetto visivo e sonoro, e in cui si procede per accumulo, lynchanamente, tra ossessioni, ferite, fantasmi, addirittura doppi, in una costruzione non-cronologica che salta continuamente da una parte all’altra.

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Valentina D'Amico (www.movieplayer.it)
10.09.2010
Abbandonato lo stile documentaristico, Costanzo si immerge nel mondo dell'orrore, dell'artificio e della teatralità. La solitudine dei numeri primi è un film estremo. O lo si ama o lo si odia, ma se c'è un aspetto che non viene messo in discussione questa è l'abilità registica di Costanzo.

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Silvia Marinucci (35mm.it)
10.09.2010
Costanzo si affida alla forza della musica, ad una certa ‘maniera’ di fare cinema tipicamente horror; gioca con le immagini, strizza l’occhio ai grandi maestri, si lascia letteralmente trasportare dalle melodie: è la musica a scandire il tempo, a dettare il ritmo, a scalfire le coscienze.

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Italo Moscati (www.cineblog.it)
09.09.2010
Il film è una sorta di scommessa, giocata con minuzia e sorvegliato talento, che non esita a proporre allo spettatore suggestioni a cui non è certo abituato: ad esempio una parte della vicenda “raccontata” con pochi dialoghi, silenzi, musica e soprattutto suggestione.

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ColinMckenzie (www.badtaste.it)
09.09.2010
E' il solito film che si fa vanto della propria incomunicabilità, senza peraltro sfruttare minimamente le possibilità della voce off. Scelta che sarebbe anche condivisibile, ma che rende il film troppo disperatamente romanzesco e introspettivo, senza in realtà approfondire nulla.

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