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State of Play è un thriller politico diretto da Kevin McDonald (L’ultimo re di Scozia), che conta tra gli altri interpreti Rachel McAdams nella parte di una giovane giornalista di Internet che pensa che la sola cosa che conta sia arrivare per primi, e Helen Mirren in quella di direttore costretto a trovare l’equilibrio tra l’obbligo di raccontare la verità e il dover soddisfare le pressioni del management che chiede più copie. Insomma, una riflessione non solo sul potere ma sulla funzione e il ruolo della carta stampata in un momento di grande crisi. Crowe è Cal McAffrey, un cronista investigativo vecchia maniera, di quelli che non demordono, che mettono assieme i pezzi di un’inchiesta come se si trattasse di un’indagine poliziesca e il cui istinto professionale ha la meglio su amicizie e lealtà. Uno che gli assomiglia: disordinato, sempre un po’ arruffato, in sovrappeso. E che conduce lo spettatore non solo in un thriller politico ma in una esplorazione di un certo tipo di giornalismo che adesso si trova sotto attacco e sulla difensiva. LOS ANGELES Quando la Bbc mandò in onda State of Play, nel 2003, fu un immediato successo. La serie, che esplorava il rapporto tra politica e giornalismo e che toccava sentimenti come potere, amore, lealtà, ambizione, tradimento e compromesso, aveva un punto di vista e un ritmo senza precedenti. Era materiale da film. Un film che ha traslocato dall’altro lato dell’Atlantico, da Londra a Washington. Dove Russell Crowe, nella parte di un cronista veterano assegnato a indagare su un assassino, scopre una rete di intrighi che lo conducono alla porta di un deputato con ambizioni presidenziali, suo vecchio amico degli anni del college, interpretato da Ben Affleck.