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La commedia americana, proprio come un matrimonio, rimane una promessa di felicità, un voto che viene pronunciato o ribadito, qualche volta esposto a potenti scosse se non addirittura infranto. La commedia matrimoniale di Peter Billingsley, scritta, prodotta e interpretata da Vince Vaughn, riflette sulla crisi coniugale e si impegna a risolverla in paradiso. Spostando quattro coppie del Midwest in un eden terrestre lontano dagli affanni del quotidiano e dai loro ordinati quartieri residenziali, regista e sceneggiatore giocano conflitti e contraddittori su un inedito terreno. Collaudati i palcoscenici urbani, è la volta di luoghi esotici, dove seguitare la ricerca della felicità. Il film corale, fortemente voluto dall'ex single imbucato a nozze, non offre però un buon servizio a una bella idea, appianata e appiattita dentro una smaltata e inerte prospettiva turistica. Le memorie screwball (guerra dei sessi, inseguimenti) sbiadiscono sullo sfondo e affondano in lagune turchesi. Difficile in tanta luce, stordimento afrodisiaco ed esibita bellezza promozionale inserire credibilmente un affollato laboratorio sentimentale. Tra l'incanto nervoso degli inizi e la brutalità dei finali, L'isola delle coppie si situa nel mezzo, urlando il non detto e mostrando il non mostrato d'amore, sesso e menzogne ma non basta. A mancare è la sfrontatezza, l'ironia sincopata, l'equilibrio aforismatico, tutto si risolve sulla superficie e nel gesto attoriale di Vince Vaughn e Malin Akerman, coppia protagonista, tenuta insieme da un sentimento sincero e da un'attrazione mai svanita. Da ricetta tradizionale gli antagonismi maschio-femmina si sciolgono in un rincuorante ricongiungimento matrimoniale e in una rinnovata primavera dei sensi. Il lieto fine arriva puntuale e usuale senza che il film ci abbia lasciato un'idea del mondo e un'idea del cinema.