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Il film di Peter Billingsley è palesemente costruito per essere un lungo lancio promozionale delle bianche spiagge di un’isola tropicale (di cui non faccio il nome per non stare al gioco perverso del marketing). Il pretesto narrativo che spinge quattro coppie diverse a intraprendere un viaggio verso questi lidi è assolutamente irrilevante. I personaggi sono costruiti secondo gli stereotipi più banali di un qualsiasi manuale di sceneggiatura alla vece “marito e moglie”. Lo sviluppo narrativo vorrebbe ricalcare il mondo della screwball o della commedia sofisticata dove lo scontro tra uomo e donna è al centro di continui ribaltamenti di ruoli, ma ne esce un pasticcio degno di un cinepanettone natalizio nostrano, un’accozzaglia di tante scenette che dovrebbero far (sor)ridere giocando su fraintesi di natura sessuale (ovviamente molto soft per non incorrere nei divieti della censura americana) e battibecchi inverosimili. Il protagonista assoluto diventa così il paesaggio, la location che ospita un cast evidentemente in vacanza che lavora a mezzo servizio giusto per mostrarci quanto ci potremmo divertire viaggiando verso quel paradiso. Peccato perché attori come Jason Bateman e Vince Vaughn hanno spesso dimostrato di saper scegliere bene i propri ruoli, anche in piccoli film indipendenti. Ma l’abbiamo già detti, qui erano in vacanza. Non riesce a rimanere simpatico nemmeno l’istrionico Jean Reno nei panni del misterioso guru matrimoniale Marcel. Il regista Peter Billingsley è praticamente al suo esordio dietro la cinepresa e non offre certo quello che si definisce un’opera prima memorabile. Qualcuno dice che l’idea era buona ma il risultato non all’altezza. Io intanto ho perso l’interesse per una vacanza su un’isola tropicale…